Ordine degli Ingegneri della Provincia di Udine

Alla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia

Direzione Centrale della Pianificazione Territoriale, Energia, Mobilità e Infrastrutture di trasporto



Udine, 17 dicembre 2007


L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Udine è da sempre interessato ad ogni questione riguardante il territorio regionale, di cui la Provincia di Udine occupa una vasta e multiforme parte.

Da alcuni anni l’Ordine ha costituito varie Commissioni di studio, fra le quali la Commissione Territorio e Mobilità, che ha effettuato importanti ricerche e proposte, riguardanti argomenti sia di interesse generale e regionale, sia specificamente riferiti al capoluogo provinciale.

In questo contesto, la Commissione ha ritenuto doveroso elaborare alcune considerazioni in merito al Piano territoriale Regionale recentemente adottato, sulla base delle quali il Consiglio dell’Ordine presenta la propria


OSSERVAZIONE


1 – Premessa

La prima doverosa, anche se ovvia precisazione, riguarda la natura professionale dell’Ordine: le osservazioni che seguono, pertanto, sono elaborate e presentate da professionisti, nell’ottica e nella mentalità di cittadini che dall’attività professionale traggono non soltanto i necessari mezzi di sostentamento, ma anche gli specifici criteri di interesse e di giudizio.

Data la vastità del materiale documentario e la molteplicità degli argomenti trattati nel Piano, la Commissione, anche in considerazione degli impegni lavorativi dei suoi componenti, che non lasciano molto tempo da dedicare ad argomenti di interesse più generale, ha limitato le sue considerazioni ad alcuni singoli temi, liberamente scelti da quei componenti che si sono dedicati allo studio degli elaborati del Piano.


2 – Informazione, partecipazione, informatizzazione

Con il PTR, la prima volta in Regione, sono previste disposizioni per la informazione preliminare, la partecipazione, l’informatizzazione del materiale documentario.

Questo è certamente un notevole passo avanti verso una modernizzazione, una intensificazione e sburocratizzazione dei rapporti fra Ente e cittadini.

In questo contesto senza dubbio positivo, vi sono però elementi di criticità che è doveroso non trascurare.

Innanzitutto si deve osservare che non è evidente il contributo specifico al sistema del Progetto di Piano della partecipazione praticata dalla Regione, la quale non può essere relegata alle sole fasi preliminari, quando non è sul tavolo nemmeno una bozza di progetto, né può essere rimandata alla fase delle osservazioni, quando la struttura del Progetto è troppo definita nella sua forma finale.

La lunga e faticosa procedura di Agenda 21 si è svolta in un contesto di “obiettivi” ed “azioni” tutto ad un livello ben distante da qualsiasi accenno, non si dice operativo, ma nemmeno vagamente progettuale.

Dopo lunghe e prevalentemente inutili conversazioni sui massimi principi – in merito ai quali, il più delle volte, era ben difficile non trovarsi tutti d’accordo – è arrivato sul tavolo dei professionisti interessati (oltre che, naturalmente, degli “stakeholders”) un bagaglio di norme e prescrizioni spinte ad un dettaglio inusitato e, diciamo pure, in buona parte inaspettato.

Si può solo auspicare che una paziente, meditata riflessione sulla Osservazione possa in qualche modo rimediare allo scarso risultatodella precedente fase partecipativa

Qualche perplessità suscita poi l’eccessiva aspettativa in tema di condivisione/partecipazione riservata alla moderna tecnologia informatica, che in ogni caso è mezzo e non fine.

Già il download di centinaia di MegaByte di documenti, non sempre agevolmente consultabili a video e quindi da stampare con oneri significativi, non può essere considerato una forma accettabile di diffusione propedeutica alla partecipazione.

Se è auspicabile l’avviamento ed il mantenimento di un flusso costante e coerente di consultazione/revisione di contributi tematici alla rappresentazione del territorio regionale, dovranno essere adeguatamente pianificati (e finanziati) i programmi di formazione delle figure coinvolte (Comuni e Professionisti, non solo Uffici Regionali) e, soprattutto, i programmi di sviluppo e sperimentazione operativa delle tecnologie e delle strutture normalizzate dei dati che saranno approntate/definite.

Considerata, d’altra parte, la specifica competenza degli ingegneri nella materia informatica, si ritiene utile aggiungere qualche nota sull’argomento.

Che l’informatica potesse assumere anche qui un ruolo non secondario nel processo di pianificazione era fatto prevedibile, sia perché in linea con i tempi e con iniziative analoghe di altre realtà regionali, sia in quanto preceduta da specifiche iniziative della Regione Friuli-Venezia Giulia a riguardo, quali la L.R. 4/1999, che concedeva risorse economiche ai Comuni in forma di contributo per “agevolare l’acquisizione informatica del Piano Regolatore Generale Comunale e delle eventuali Varianti”, e, nell’ottobre del 1999, l’affidamento di un incarico per l’Informatizzazione dell’’Assemblaggio degli strumenti urbanistici generali dei Comuni della Regione.

Entrambe le esperienze hanno evidenziato chiaramente la maggiore opportunità dell’articolazione di un processo amministrativo che comprendesse fin dall’origine la natura informatica delle cartografie tematiche specifiche degli strumenti urbanistici comunali, a garanzia non solo dell’agilità della trasmissione dell’informazione per mezzo delle nuove tecnologie informatiche, ma anche della corrispondenza del dato numerico con il documento amministrativo “ufficiale”, vidimabile solo in forma cartacea.

Solo il Regolamento di attuazione previsto dalla L.R. 5/2007 potrà chiarire il dettaglio delle attività e consentire ai soggetti interessati di valutare mole e tempi degli adempimenti prescritti; ma emerge subito, come detto, un ruolo certamente non secondario nel mondo professionale ed in particolare dell’Ingegnere, figura storicamente avvezza all’approccio metrico-numerico con la realtà.

Col regolamento attuativo, dovranno essere affrontati presumibilmente i seguenti temi:

  1. base cartografica e suo aggiornamento speditivi;

  2. articolazione tematica delle legende e descrizione della struttura dati “standardizzata” dei temi progettuali;

  3. definizione del livello di dettaglio dell’informazione attuativa edilizia (saranno ad esempio necessarie schede delle unità abitative o di quelle edilizia, e se sì con quale dettaglio descrittivo?)

Se i primi due punti costituiscono la naturale evoluzione dell’attività cartografica tradizionale (chi rappresenterebbe il PRGC su una base non aggiornata e non assemblata al continuo e con una legenda difforme dalle indicazione regionali?) ed è altrettanto naturale la tendenza a considerare esclusivamente la ricaduta sugli strumenti tecnici, il terzo potrebbe costituire una novità di impegno notevole, sia in termini logistici (sopralluoghi, rilievi) che in termini di capacità d’uso dei dati medesimi (criteri di aggregazione e lettura).

Il tutto con l’onere preliminare, non piccolo, della definizione di standard di formato o, persino, di piattaforma tecnologica di riferimento/destinazione.

È forte l’impressione che non sia percepita completamente la difficoltà oggettiva in cui versano i Comuni relativamente alla catalogazione delle attività edilizie sul territorio.

Se, con le prestazioni dei programmi di gestione correnti, è ad esempio facile ottenere la tabella di tutte le pratiche eseguite da un certo tecnico professionista, non è altrettanto pacifico che tra i dati relativi siano evidenti le cubature residenziali, né che il dato singolo sia facilmente disaggregabile e riferibile ad una specifica primitiva cartografica.

Ricordiamo al proposito, con un po’ di preoccupazione che in un recente passato si era ipotizzata persino una rappresentazione non cartografica dei PRGC su base catastale, prescrivendo l’elenco delle particelle interessate dalle diverse zone omogenee in luogo della cartografia su base catastale (ed evidente a tutti che la sovrapposizione cartografica è il solo mezzo per ottenere l’elenco!)

Con l’incalzare delle scadenze programmate, è inoltre venuta meno la possibilità di una fase di sperimentazione vera, tant’è che sarà irrinunciabile una revisione a breve di questa parte del regolamento, o, peggio, l’avvio di una fase iniziale senza regole certe.

Nel nostro ruolo di operatori “sul campo”, non legati ad un’unica realtà comunale, sapremmo certamente contribuire on una visione di prospettiva sufficientemente aperta alla definizione di standard sostenibili.


3 – Sistema ambientale e settore primario

3.1 – Rischio idraulico

Secondo il punto 3.2.2 della Relazione Generale, ai Comuni “viene dato il compito di verificare nel caso di nuove trasformazioni urbanistiche che comportano alterazioni significative della copertura dei suoli […] che i progetti prevedano adeguate misure compensative volte a mantenere costante la portata per unità di superficie drenata delle aree trasformate (coefficiente udometrico) secondo il principio della cosiddetta invarianza idraulica”

Secondo l’art. 9 delle Norme di Attuazione, i Comuni “prevedono che ogni trasformazione dell’uso del suolo in grado di abbassare sensibilmente la permeabilità delle superfici sia accompagnata da un apposito studio di compatibilità idraulica”.

Occorre chiedersi come (e, soprattutto con quali finanziamenti) i Comuni possano provvedere agli studi necessari.

Lo stesso art. 9 delle Norme di Attuazione prevede inoltre che “gli strumenti della pianificazione territoriale comunale e sovracomunale prevedono […] in particolare: opere previste dal Piano stralcio per la sicurezza idraulica del medio e basso corso del Tagliamento […] (art. 9 delle Norme di Attuazione). Questo significa che per il fiume Tagliamento si costruiranno le casse di espansione?

3.2 – Ambiti agricoli e Forestali

Per queste due categorie di ambiti le norme sembrano non sufficientemente differenziate. Per fare un esempio, si osserva che il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio rurale in ambito forestale è diverso rispetto al recupero e alla valorizzazione dello stesso in ambito agricolo.


4 – I problemi della mobilità

Mentre nei documenti preliminari è presente questo argomento, negli elaborati del PTR non si è trovata una trattazione adeguata all’importanza dello stesso.

Si accenna qui di seguito ad alcune possibili proposte:

    1. Si propone di alimentare l’Osservatorio regionale con dati generati da strutture permanenti locali quali gli Osservatori Permanenti della Mobilità finalizzati, soprattutto, alla studio della rete regionale di secondo livello (citando la classificazione del PTR) la cui gestione è competenza di Province e Comuni;

Si ritiene che l’ambito di competenza di tali strutture possa opportunamente essere quello delle aggregazioni dei Comuni formatesi a seguito della applicazione della Legge Regionale 1/2006;

    1. Si propone inoltre di istituire un portale web (a cura delle Province o della Regione o di entrambe) che restituisca ai Comuni in continuo i dati elaborati dagli Osservatori permanenti;

Gli Osservatori infatti hanno come obiettivo, in riferimento allo stato di fatto e a stati di progetto in ambito urbano e extraurbano (e in riferimento soprattutto alla rete di secondo livello):

  1. La calibrazione in continuo di modelli di domanda di mobilità delle persone e di trasporto delle merci;

  2. La calibrazione puntuale di scenari di flussi di traffico;

  3. Il riconoscimento informato dei principali problemi che presenta la rete dei trasporti;

    1. I dati per le calibrazioni dovrebbero venir attinti attraverso indagini dirette:

  1. Delle caratteristiche degli spostamenti del personale delle aziende e delle istituzioni;

  2. Dei flussi di traffico;

  3. Delle caratteristiche della rete infrastrutturale..

Si ritiene che queste finalità possano e debbano essere perseguite con una particolare attenzione alle innovazioni tecnologiche e di processo che la ricerca di settore si propone di produrre.


5 – Brevi considerazioni conclusive

Pur nella forzata brevità dello studio dedicato agli elaborati, si è ricavata l’impressione che il complesso dei documenti del PTR rispecchia ancora marcatamente la natura ricognitiva del lavoro, sia nell’articolazione, che nella mancata evidenza delle progettualità.

Si può e a nostro giudizio si deve, fare di più per selezionare e porre in evidenza gli esiti prescrittivi e quelli di indirizzo del Piano, omogeneizzando e sintetizzando.

Affrontare il poderoso apparato documentale suscita un indubbio apprezzamento per l’evidente sforzo di raccolta di contributi multidisciplinari e di ricerca del dialogo tra i diversi Uffici Regionali e specialisti coinvolti, ma contemporaneamente è marcato il disorientamento indotto dall’effetto collage della documentazione proposta.

Se è comprensibile il desiderio di conservare un “diario” della forse faticosa, sicuramente impegnativa, collaborazione interna al gruppo di progetto, è altrettanto indispensabile spogliare di tale documentazione, rendendola riconoscibilmente propedeutica, il Progetto di Piano.

Si osserva inoltre che gli obiettivi del PTR sono circa 100; essi sono eterogenei e a volte non del tutto compatibili tra loro, ed inoltre non ordinati in termini di priorità.

In sede di Conferenza di pianificazione, o nella stipulazione dell’Intesa di Pianificazione tra Regione e Comune per la formazione del PSC, a quale obiettivo si darà maggiore priorità?

Ciò potrebbe determinare una situazione di incertezza e discrezionalità, in cui la scelta degli obiettivi prioritari imposti dalla Regione ai Comuni risulti dipendente dagli interessi politici del momento.

Sembra che, in certi casi, le grandi trasformazioni territoriali (infrastrutture e centri commerciali in primis) vengano imposte alle Autonomie Locali senza una valutazione di merito.

In particolare per quanto riguarda gli ambiti commerciali per la grande distribuzione (art. 40 delle Norme di Attuazione), il PTR si limita a recepire le indicazioni del piano regionale di settore, e non si capisce quindi se ci sia stata una valutazione di coerenza tra le diverse previsioni settoriali e la relativa compatibilità. In caso positivo, tale valutazione non sembrerebbe stata condotta con la necessaria trasparenza e pubblicità; rispetto a tali previsioni i Comuni sono tenuti ad adeguarvisi in modo acritico e subordinato. I Comuni appaiono dunque come dei terminali di scelte già prese, talvolta addirittura al di fuori del PTR, da enti comunque sovraordinati.

Secondo quanto prescritto dal PTR i Comuni, per assolvere a tutti i loro compiti, sarebbero costretti a consultare un grande numero diLeggi regionali, Nazionali, Ordinanze, Direttive Comunitarie, catasti vari (es. catasto delle Valanghe, Catasto regionale delle Grotte del FVG…,) Piani di settore ecc..

Si suggerisce pertanto almeno un indice con tutte le normative suddivise per tematica.


Per la Commissione Territorio e Mobilità

Ing. Roberto Gentilli

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